
Depressione: “una pecora travestita da lupo”. (l’impotenza appresa)
Mancanza di speranza, sfiducia, pensieri negativi, atteggiamento ipercritico verso se stessi, gli altri e il mondo, e verso il tempo passato, presente e futuro sono alcune delle caratteristiche distintive nelle depressioni. Elementi che, nella mente della persona depressa, si combinano in uno stile di pensiero rigido e auto-referenziale, in una percezione disfunzionale della realtà che si pone come verità negativa unica e inalienabile e che si sostituisce alla realtà.
Col tempo, lo schema depressivo prende il sopravvento, si perfeziona e nutre quella condizione di passività, di amarezza, e di rassegnazione che imprigiona la persona depressa in una sorte di morte vivente. Una morte vivente dove ogni cosa perde le sue reali proporzioni, dove il più piccolo evento negativo si costituisce rapidamente come legge universale e ogni circostanza positiva, anche la più significativa, diviene minima o passa addirittura inosservata.
La depressione è vissuta progressivamente come un destino ineluttabile anche perché ogni pacca sulla spalla, ogni incoraggiamento e le dosi massicce di buon senso quotidiano che il depresso ricerca e che con le migliori intenzioni vengono elargite a piene mani da familiari, amici o conoscenti finisce per confermare quel senso di impotenza e di disabilità così frequente nella narrazione di sé. Infatti, mentre tutto il mondo sembra dire bonariamente “Forza, coraggio! Non è niente di grave, puoi farcela!” il depresso sperimenta più sofferenza e più inadeguatezza. Del resto, posto di continuo davanti al fatto che potrebbe sottrarsi al suo stato senza riuscirci, finisce per consolidare l’immagine negativa di sé e ritirarsi ancor più nella grotta angusta della sua rinuncia alla vita.
I cani di Seligman. Negli anni ’70, lo psicologo newyorkese Martin Seligman scoprì uno dei meccanismi della depressione attraverso un esperimento con i cani. Un primo gruppo di cani fu condotto in un ambiente dove, senza potersi in alcun modo sottrarre, riceveva scariche elettriche. Un secondo gruppo, fu sottoposto allo stesso trattamento, ma gli animali potevano sottrarsi alle scariche elettriche pigiando col muso un apposito pulsante, cosa che impararono presto a fare.
L’esito più interessante di questo esperimento fu osservare che i cani del primo campione che in una fase successiva venivano stimolati elettricamente in una condizione nuova, in cui avrebbero potuto interrompere col muso le scariche elettriche risultarono inerti, ovvero, subirono la condizione sperimentale senza cercare alcuna soluzione. Questo effetto ha preso il nome di impotenza appresa ed è diventato presto uno dei capisaldi della psicoterapia.
L’impotenza appresa. L’esperimento di Seligman fu ripetuto assegnando a un campione di studenti da prima compiti impossibili da risolvere, a cui seguì invece una batteria di esercizi perfettamente risolvibili. Anche in questo caso, gli studenti esposti alla prima condizione sperimentale di frustrazione si mostravano successivamente passivi, rinunciatari, arresi e complessivamente incapaci di far fronte ai nuovi stimoli, anche se semplici e del tutto alla loro portata.
Queste evidenze sperimentali, ripetutamente confermate, dimostrano con quanta rapidità possiamo apprendere convinzioni negative errate e limitanti, e coltivarle sino alla paralisi depressiva. Così, nella storia delle persone depresse sono stati frequenti, spesso al di là della loro consapevolezza, eventi che hanno favorito schemi mentali di impotenza, schemi mentali poi inconsciamente estesi e generalizzati a un numero crescente di situazioni, con la conseguenza di cementare una varietà di credenze auto-avveranti circa l’inutilità di se stessi come agenti di cambiamento dei problemi della propria vita.
Le scoperte di Seligman fanno riflettere sull’impatto delle esperienze traumatiche sulla costruzione di una realtà successiva al trauma, sempre più cupa e inesorabile, sino a che non decidiamo di esplorare, mettere in discussione e cambiare attivamente, ricollocandole nel presente, le modalità automatiche che, nostro malgrado, potremmo aver appreso in un passato, più o meno remoto, di effettiva impotenza percepita e alimentano lo stile di pensiero depressivo che ci domina indebitamente. E allora scopriremo, come sostiene Micheal Yapko, psicoterapeuta di fama mondiale, che la depressione è una pecora travestita da lupo.
Enrico Maria Secci
© Riproduzione riservata
Tutto profondamente vero. Quel “senso di impotenza e di disabilità nella narrazione di sé” io l’ ho vissuto per anni, senza neanche più rendermi conto della mia condizione. Quando oggi, dopo un lungo e sofferto percorso, ripenso agli stati d’ animo che mi accompagnavano, a tutte le cose belle che non vedevo più, mi dispiace tanto non aver capito prima. Non aver chiesto aiuto prima ad uno specialista ha allungato di molti passi la strada verso l’ autoconsapevolezza. Ma, nonostante tutto, oggi sono qui, viva, salva e rinata e ringrazio quella pecora travestita da lupo per avermi concesso di ritrovare me stessa, finalmente autentica, finalmente me.