
“Amori che non sanno stare al mondo”
Amori che non sanno stare al mondo” è il titolo del film di Francesca Comencini tratto dall’omonimo romanzo della regista e sceneggiatrice edito nel 2013 per Fandango Libri. La pellicola racconta l’epopea sentimentale di Claudia e Flavio, protagonisti di un amore che si consuma tra passione, dubbio, isteria, seduzione, inseguimenti e drammi per oltre sette anni.
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Flavio è un uomo narcisisticamente incapace di investire nel rapporto, che lui riduce al sesso e all’isolamento della coppia nei fine settimana in un cascinale semi-diroccato. Per il resto preferisce la carriera. Claudia si illude che prima o poi lui vorrà sposarla e avere un figlio, e che quel casale diventi la loro casa, ma la realtà la smentisce di continuo e capisce che attendere non serve. Così, a propria insaputa, entra nei circoli viziosi della dipendenza affettiva e incentra la sua vita su Flavio, nel tentativo costante di ‘portare nel mondo’ una relazione sospesa e necessariamente conflittuale, come ogni amore con un narcisista.
Come in ogni amore con un narcisista Claudia avrà la peggio: Flavio la lascerà e si invaghirà presto di un’altra donna, più giovane, ma soprattutto una sua allieva e perciò idealmente subordinata e più malleabile. Dopo la rottura Claudia affronta il calvario della dipendenza affettiva che Francesca Comencini racconta attraverso il registro della commedia, con un’ironia raffinata e delicatissima, tale da farci ridere delle ‘stranezze’ di Claudia verso Flavio e del disastro in cui la donna precipita dopo l’ennesima e definitiva rottura, senza mai lasciare la tragedia emotiva sullo sfondo.
Spesso un sorriso favorisce la consapevolezza più di una lacrima, così “Amori che non sanno stare al mondo” avvicina il grande pubblico al dramma della dipendenza affettiva e del funzionamento narcisistico nella coppia usando la comicità con delicatezza, come un bisturi, per aprire a una visione realistica e approfondita del trauma psicologico implicato in rapporti caratterizzati da cronica mancanza di reciprocità, di empatia e di maturità affettiva come quello tra i protagonisti.
Con una regia abilissima e una sceneggiatura che non tradisce mai il romanzo originale, Francesca Comencini ci regala un film terapeutico che introduce sapientemente alla realtà psicologica e psicopatologica delle “unioni impossibili” tra i narcisisti e le loro partner, una realtà ancora relegata ai margini della coscienza collettiva e della cultura persino in ambito psicoterapeutico, psichiatrico e accademico.
La “pazzia” di Claudia e il suo dolore sono così acuti da apparire grotteschi, incomprensibili come l’ostinazione assurda e distruttiva a voler alimentare da sola un amore che non è mai stato nel mondo, e che del mondo non vorrà mai sapere.
Il film si snoda attraverso frequenti flashback nel labirinto dell’amore “insano”, perché questo è il modo migliore per sciogliere l’enigma della dipendenza e tornare a vivere. La linearità non appartiene a questi amori-labirinto, perché sono intrichi di passato, presente e futuro e, come in psicoterapia, Francesca Comencini sceglie una narrazione multi-temporale, che alterna in modo contro-intuitivo i diversi momenti della costruzione e la distruzione di una relazione ‘malata’.
Eventi relativi alla relazione, questioni radicate nel primo incontro della coppia che diventano predittivi della sua evoluzioni, ma anche modalità affettive che affondano le proprie radici nel passato remoto di entrambi, nella mente di ciascuno dei partner. Cose rimaste non dette tra i due, forse perché impronunciabili in una relazione basata sul controllo e sull’alienazione reciproca.
La narrazione è arricchita da filmati in bianco e nero di un passato lontano: una coppia che si ama, che passeggia felice, che si sposa ed è una coppia che ha trovato il suo posto nel mondo. Si tratta dei genitori di Claudia e questa scelta autoriale suggerisce un concetto cruciale nella dipendenza affettiva che sfata il mito in base al quale le persone ‘vittime’ di queste relazioni non siano state amate o provengano da modelli di famiglia sbagliati o da coppie genitoriali ‘difettose’.
Al contrario, chi ha vissuto in un clima affettivo caloroso, chi è figlio di coppie realisticamente funzionali è più esposto alla manipolazione affettiva, al disastro dell’ambivalenza e dei “giochi” narcisistici, perché gli sono del tutto sconosciuti e non può immaginare che esistano persone come Flavio. Persone che riescono ad amare solo se diminuiscono, svalutano, tradiscono, disattendono le aspettative dell’altro. Persone che rifiutano di stare nel mondo, perché prigioniere nella propria infelicità di non saper amare sino in fondo.
La fine del film è liberatoria e bellissima, ma non posso dire altro se non che “Amori che non sanno stare al mondo” meriterebbe una menzione d’onore in un’ideale filmografia delle dipendenze affettive.
Enrico Maria Secci
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(Fonte: ISC, Formazione in Psicologia e Psicoterapia)
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Gentile Professore
Io volevo profondamente ringraziarla.
Mi ha salvato la vita.
Grazie a Lei che ha scritto il narcisismo perverso e le unioni impossibili sono riuscita (memorizzando ogni sua parola e seguendo ogni suo suggerimento velato) a liberarmi dopo 20 anni da un’unione matrimoniale -senza figli-che di unione nulla aveva più.
Queste “cose” non sono persone, sono Diavoli travestiti da Angeli…e purtroppo restano quasi sempre impuniti.. ed è anche questo che non ne facilita il distacco…
Ma se si riesce a capire il meccanismo… beh, si ricomincia a vivere.
Grazie ancora dal profondo del mio cuore. Mi sento in debito nei suoi confronti.
Con sincera stima.