
La psicosi. Quando la mente si perde dentro la mente
Tra i disturbi psichici, la psicosi è quello che più si avvicina alla rappresentazione comune della malattia mentale ed è quello che incute maggior timore perché in fase acuta può presentare alterazioni del pensiero e del comportamento gravi e spaventosi.
La crisi psicotica si manifesta con idee persecutorie, discorsi frammentari, incoerenti e ricorsivi talvolta a sfondo religioso, come riferimenti a malefici subiti o all’imminenza di forze diaboliche sconosciute, preoccupazioni pervasive e immotivate riguardanti se stessi, gli altri e il mondo esterno. Tipicamente, la persona può avere allucinazioni auditive -sentire voci che gli altri non sentono- o percepire sapori e odori in realtà inesistenti.
Il nucleo della psicosi. Nell’insieme, queste manifestazioni costituiscono il nucleo della psicosi, che consiste in una significativa alterazione dell’esame di realtà sino alla temporanea perdita della capacità da parte della persona di distinguere il mondo interno dal mondo esterno. Il confine tra pensieri ed emozioni proprie e altrui può diventare eclatante quando l’individuo vive la sensazione o sperimenta la certezza patologica che qualcun altro manovri i suoi pensieri, gli impianti idee nel cervello, o, viceversa, lo manovri telepaticamente.
Per esempio, il cedimento del Sè può diventare tale da trasformare il casuale passaggio di un’auto della polizia nella prova di essere controllati, o indurre ad interpretare in modo angoscioso e terrifico fatti incidentali. Oppure, la persona in crisi psicotica può interpretare il fatto che più individui nello stesso cinema indossino un vestito dello stesso colore come l’evidenza di un complotto ai propri danni, perpetrato da spie in incognito, ma che adottano un dress-code segreto.
Il labirinto della crisi conclamata. La mente psicotica può diventare un labirinto dell’orrore e del dolore e provocare nell’individuo reazioni estreme contro se stessi e contro altri, sino all’omicidio, ma, più frequentemente, sino al suicidio. Tuttavia, queste conseguenze sono rare rispetto alla totalità dei casi e possono essere prevenute efficaciemente attraverso un adeguato e il più possibile tempestivo sostegno psico-farmacologico e psicoterapeutico.
Ancor più che in altri disturbi psichici, nella psicosi sono cruciali la diagnosi agli esordi della malattia ed il supporto alla persona e alla famiglia.
I passi silenziosi della psicosi. Infatti, sebbene questo disturbo sembri esplodere violentemente e in modo imprevedibile, si delinea in realtà gradatamente. La psicosi si costruisce pian piano negli anni e trapela da discorsi ed atteggiamenti che agli occhi di familiari, amici e conoscenti della persona appaiono troppo spesso come lievi stranezze o “particolarità” caratteriali.
Nella prima fase della malattia possono evidenziarsi iper-criticismo, eccessivo ritiro sociale, apatia per la maggior parte delle attività e, allo stesso tempo, la fissazione esclusiva e tendenzialmente ossessiva su alcune cose o alcuni argomenti.
Altri indizi della fase pre-psicotica. Altri indizi della fase pre-psicotica riguardano l’igiene personale, che può essere estremamente trascurata o quasi maniacale, la rinuncia al gioco e alle attività di gruppo, la tendenza a generalizzare in modo abnorme piccoli avvenimenti negativi e una visione tetra della realtà.Tipicamente, si verifica un progressivo isolamento sociale, motivato dalla persona con la convinzione che gli altri siano “persone false” o “cattive”, o giustificato attraverso un disagio relativa alla percezione di sé, come, per esempio, la preoccupazione di “non avere mai nulla di interessante da dire”, di essere brutta o sgradevole a causa di un difetto fisico -di solito normale ma vissuto come inaccettabile-, o di essere omosessuale.
L’esordio della psicosi si colloca statisticamente tra i 15 e i 30, ma tra i soggetti che sperimentano i sintomi della prima fase, solo uno su cinque sviluppa una crisi psicotica vera e propria entro un anno dalla comparsa dei segnali iniziali.
Dunque, può accadere che la malattia si esaurisca a uno stadio prodromico, oppure che riemerga successivamente in modo acuto, con una o più crisi nell’arco del ciclo di vita.
Il trattamento farmacologico e psicoterapeutico combinati possono curare efficacemente e prevenire ricadute nella gran parte dei casi, ma possono scontrarsi con la difficoltà della persona a seguire un percorso di sostegno e incontrare la resistenza dei familiari ad accettare la malattia.
Di frequente, i pazienti che superano la crisi e si stabilizzano tendono ad abbandonare la terapia contro il parere degli specialisti e questo può esporli nel corso del tempo ad altre crisi. Il ripetersi di ricadute “impreviste” potrebbe così sfiduciarli sull’efficacia delle cure della psicosi e rendere sempre meno facile il recupero e la possibilità di condurre una vita più equilibrata e serena.
La depressione post-psicotica. Se la psicosi si cronicizza, infatti, la persona deve affrontare non solo le crisi caratterizzate da pesanti vissuti persecutori, con allucinazioni e angoscia inimmaginabili, ma anche quella che viene definita depressione post-psicotica, data da marcata spossatezza, ritiro sociale e costellata da sentimenti di colpa e di vergogna per i comportamenti agiti durante la fase acuta.
Per questo, grazie ad un’adeguata psicoterapia e ad una terapia farmacologica mirata è fondamentale evitare il passo falso verso un circolo vizioso fatto di crisi psicotiche e depressioni susseguenti che può esaurire le risorse della persona e sprofondarla nella percezione di un’esistenza presa nel giogo della malattia.
Le persone che imparano a riconoscere i primi sintomi del problema sono anche quelle meno soggette a ricadute e, comunque, le più capaci di superarle in tempi realisticamente brevi evitando che la psicosi comprometta l’intero corso della loro esistenza.
Enrico Maria Secci
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