
Liberarsi del narcisista perverso. Spezzare per sempre le catene del dubbio
“E ora che mi ha lasciato, sarà felice con un’altra/o?”, “Se io fossi stata/o diversa/o mi avrebbe amato?”, “Io vivo un inferno e lui/lei, invece, prosegue tranquillamente la sua vita?”
Il narcisista patologico lascia in eredità dubbi, domande, questioni in sospeso disseminate ad arte, allo scopo di imprimere un segno indelebile e sempiterno sulla sua “vittima“.
A dispetto del suo abbandono perentorio e della svalutazione apparentemente definitiva del partner o della partner, molto spesso il narciso si serve del non detto, dell’ambiguità e del dubbio per paralizzare la partner o il partner in un doloroso e potenzialmente infinito “de profundis” dell’amore negato.
Possono passare mesi o anni di non contatto, il narcisista non ha il senso del tempo perché vive intrappolato in un eterno presente. Perciò, se per la “vittima” ogni istante dopo la rottura pesa come un macigno, per il narciso è un attimo fuggente. Per il manipolatore affettivo, la sola cosa importante è guadagnare la certezza di aver lasciato un ricordo di sé, di aver piazzato al centro della vita di qualcun altro una solida ed imperiosa statua a propria immagine e somiglianza, al cospetto della quale gli altri uomini o donne, saranno ridotti a passanti microscopici, ad esili figure umane annientate dal fulgore della propria invadenza postuma.
Lo scopo più o meno consapevole del narcisista perverso è sterilizzare emotivamente l’altro, così da lasciarlo come mummificato in uno stato di adorazione perpetua. Esattamente, come nel mito narrato da Ovidio e da Conone accadde alla ninfa Eco, condannata a vagare per sempre da sola nei boschi, incorporea e avvilita dall’amore negato.
L’effetto della manipolazione narcisistica, che culmina nel rifiuto e nell’abbandono della “vittima” è quello di inibire profondamente la sua capacità di riaprirsi al mondo, di intessere relazioni nuove, sane ed appaganti, e di restare relegata ad una condizione di lutto, schiacciata dal dubbio e dal senso di colpa. Trafitta, come altre farfalle, nella teca entomologica del suo gelido predatore.
Il rifiuto sprezzante dell’amore. Quando una persona vive un trauma affettivo così potente, è disorientata ed incapace di apprezzare un amore incondizionato, anche se dovesse fortuitamente incontrarlo. Un rapporto senza manipolazioni o svalutazioni, un rapporto senza rabbia e senza ombra appare insapore e, paradossalmente, irrealistico a chi, a volte a lungo, ha scambiato l’amore con la sopraffazione, col ricatto e con l’instabilità.
Uno dei segni più durevoli della dipendenza affettiva è l’ancoraggio da parte della “vittima” al ricordo grandioso che il narciso ha lasciato di sé. Il sintomo più eloquente consiste nella tendenza a confrontare in modo rigido e irragionevole ogni altro potenziale nuovo partner con il narcisista.
L’identificazione con l’aggressore. Questo accade quanto più la “vittima” resta invischiata nel compito impossibile di rispondere alle domande lasciate insolute alla fine della storia con il narcisista patologico: “Che cosa non ho capito di lui?”, “Che cosa gli ho fatto?”, “Che cosa non ho fatto, che cosa gli ho fatto mancare?”.
Come una Sfinge impietosa, la dipendenza affettiva si alimenta di quesiti enigmatici ed ossessivi come questi, somministra rebus psicologici perversi come il narcisista, più del narcisista. Perché la malattia dell’amore può deterioriare al punto che il narciso si inietta nella carne, si calcifica nelle ossa, e la “vittima” finisce per ragionare nello stesso modo, deteriore e disperato.
Così la “vittima” del narciso perverso diventa poi vittima di se stessa, allo stesso tempo soggetto ed oggetto da distruggere con cinismo e con sprezzo, esattamente come il “Maestro” ha insegnato.
Strappare il questionario enigmatico del narcisita. I rebus emozionali della dipendenza affettiva non hanno altra soluzione che una ferma e inappellabile non-risposta. Ci vuole, con orgoglio e con costanza, un’alzata di spalle; bisogna voltarsi e procedere a testa alta nella propria vita, ignorando i richiami striscianti del passato. Occorre saper pronunciare, ad ogni istante, un liberatorio “addio” e strappare il questionario insolvibile del narcista.
Perché nulla è più doloroso che consumarsi alla ricerca di una risposta, quando è sbagliata la domanda. Bisogna accorgersi al più presto che gli interrogativi lasciati dal narcisista hanno il comune denominatore della sua “indiscutibile splendenza”, sottendono solo e sempre il presupposto della sua grandiosità.
Bisogna riconoscere che i dubbi lasciati dal narciso non sono questioni a cui rispondere, ma sintomi da debellare.
In alcuni casi è difficile farlo da soli e può rendersi necessario l’aiuto della psicoterapia, che favorisce un’elaborazione più rapida e una consapevolezza più netta dei meccanismi della dipendenza affettiva, sino al momento della rottura degli schemi che la mantengono ed alimentano.
Questo momento arriva quando la persona incagliata negli enigmi psicopatologici del narcisismo smette di lambiccarsi sui perché, sui cosa e sui come dell’abbandono e, soprattutto, supera il senso di colpa per irradiarsi di consapevolezza, di pena e di compassione verso chi, incapace d’amore, continuerà a investire del proprio dolore insano ed insanabile altri partner, perché soffrano al suo posto, sempre.
In terapia arriva il momento decisivo in cui, finalmente, si sente e si comprende che il narcisista perverso è soltanto un bambino furente, esausto e abbattuto che riversa sull’altro l’odio per tutto ciò che è amore.
L’odio per l’amore che gli è mancato, forse nell’infanzia, e che ha tramutato nella fascinazione dell’altro per sopravvivere in totale latitanza al dolore angoscioso della propria figura impressa in uno specchio di morte emotiva. Questa consapevolezza prepara le ex-vittime a riprendersi la propria vita e a respingere con forza tutte quelle domande patogene, riconoscendole come le catene spezzate di un male passato.
Enrico Maria Secci, Blog Therapy
****
Per approfondimenti:
Enrico Maria Secci, “I narcisisti perversi e le unioni impossibili”
Disponibile in edizione cartacea e in formato digitale su tutti gli store online e ordinabile in 4500 librerie fisiche (vedi elenco librerie)
Grazie. Lei è uno dei pochi in Italia che chiama le cose col loro nome, non sa che aiuto da a noi vittime di gente simile. quando ti accorgi di compatirli, sai anche ce ce l’hai fatta
Grazie per le sue pubblicazioni,10 anni con un narcisista patologico mi avevano devastato anima,corpo e mente.io e le mie bambine sostenute da carabinieri,un’ottima squadra di avvocati e dagli psicologi del centro antiviolenza ne usciremo del tutto.la consapevolezza mi sta liberando anche se non riesco ancora a perdonare me stessa