La trasmissione psicologica del Covid-19 e il disturbo dell’adattamento

La trasmissione psicologica del Covid-19 e il disturbo dell’adattamento

1 Settembre 2020 0 Di Enrico Maria Secci

Il comportamento
è lo specchio
in cui tutti mostrano
la loro vera immagine”

(Goethe)

 

Mascherine penzolanti, mascherine calate sotto il naso, mascherine usate a mo’ di morso di cavallo o come sottomento, come sciarpe, copri-gomito o fascia per capelli. Mascherine assenti e distanze fisiche ignorate in favore di una prossimità sociale pari allo struscio, soprattutto nei luoghi della movida e nelle località turistiche. E poi: gel igienizzante, questo sconosciuto!

È così che a dispetto dei risultati faticosamente raggiunti in mesi di quarantena, i contagi hanno subito un’impennata iperbolica. Con l’allentarsi estivo delle restrizioni sembra che una parte significativa della popolazione sia precipitata in una sorta di amnesia patologica e, dimentica della gravità e dell’universalità dell’emergenza, abbia optato per l’assurda e comoda soluzione di fare come se niente fosse e niente fosse stato.

Le testate giornalistiche lanciano continui allarmi: “Il virus corre”, “Il Covid non allenta la presa”, “la pandemia è in ripresa”, ma ora che le modalità di trasmissione del coronavirus sono note, titoli simili sono soltanto una pericolosa distorsione della realtà. Infatti, il virus non corre, il virus non insegue nessuno e la pandemia non ha un cervello, e nemmeno è dotata di una qualche intenzionalità.

Pensare al virus come ad un persecutore senziente è inutile e fuorviante, perché distoglie dalla responsabilità umana nella ripresa dei contagi e nell’arrivo di nuove ondate con ricadute apocalittiche sull’economia e conseguenze imprevedibili sull’equilibrio psicologico e sulla salute mentale delle società.

La modalità di contagio deI Covid-19 è primariamente di tipo comportamentale, e quindi la trasmissione avviene innanzitutto a livello psicologico e psicosociale. Vale a dire che senza il menefreghismo generalizzato delle più elementari norme anti-contagio non ci troveremmo di nuovo sospesi sul ciglio di un burrone e davanti a un’ecatombe senza precedenti.

Oltre ai malati e ai morti di Covid, le conseguenze dei focolai in continuo aumento inceneriranno le piccole e medie impese e distruggeranno interi comparti produttivi. E tutto questo non per via del virus, ma a causa del comportamento di una massa isterica di vacanzieri e viveur più o meno giovani che, galvanizzati dai mesi di quarantena, hanno stabilito che le mascherine sono accessori, fastidiosi orpelli di una piaga mondiale e che, covid o non-covid, un giro in disco o un assembramento gaudente per trionfi calcistici  valga ben la pena d’infettarsi, di contagiare qualcuno e mettere a rischio il Paese.

Gli stessi soggetti si danno la mano al saluto, si abbracciano e si baciano, si scambiano effusioni, si scambiano i bicchieri apparentemente inconsapevoli di aver trasformato un incontro tra amici in una polveriera. Una marea umana sta operando irresponsabilmente affinché il coronavirus permanga a tempo indeterminato, infetti e annienti vite umane, economia e società.

In parte si tratta di una compagine arrogante, ignorante e becera – quella che poi pretenderà invano sussidi e aiuti a valanga -, ma in gran parte lo shock dovuto al virus e al lockdown potrebbe aver provocato una nevrosi di massa che spiegherebbe le violazioni scelerate delle norme anti-contagio e la conseguente recrudescenza delle infezioni.

Il Disturbo dell’Adattamento è l’entità diagnostica più probabile, considerata la deriva dei fatti e il peggioramento inesorabile dei dati Covid e della situazione sociale ed economica. Il Disturbo da Adattamento appartiene al capitolo dei disturbi da stress post-traumatico e descrive le ripercussioni emotive, cognitive e comportamentali di eventi stressanti. Questo disturbo si manifesta entro tre mesi dall’evento traumatico e può protrarsi oltre i sei mesi dalla cessazione dell’evento.

La sintomatologia è ampia e multiforme, e comprende alterazioni dell’umore, ansia aspecifica, cambiamenti nei ritmi circadiani e nella condotta sociale. In particolare, il disturbo dell’adattamento condiziona la capacità di giudizio dell’individuo, che per effetto della condizione mentale negativa di cui è spesso inconsapevole, può assumere comportamenti disregolati e pericolosi per se stesso e/o per gli altri.

Gli effetti psicologici della quarantena prolungata e la persistente immersione in un clima di profonda incertezza potrebbe aver indotto il disturbo da adattamento in una percentuale non misurabile della popolazione, una percentuale probabilmente elevata se si considerano i comportamenti collettivi a cui si deve il nuovo picco di contagi.

Sottostimare l’impatto psicologico sulla popolazione della pandemia e del prolungato isolamento e liquidare turisti e movida come masse di zotici arroganti è iniquo e controproducente. Infatti, a fronte di un diffuso palpabile disagio mentale, potrebbe servire informare le persone dell’esistenza del disturbo dell’adattamento e della possibilità che, al di là della consapevolezza di ognuno, tale disturbo contribuisca all’aumento dei contagi da Covid in quanto indebolisce, quando non sovverte, la capacità di giudizio e valutazione dei rischi.

Oggi più che mai l’istituzione di centri per la salute mentale a disposizione di ogni cittadino e la presenza capillare di psicologi e psicoterapeuti in ospedali, scuole, aziende pubbliche e private si rende necessario per arginare la pandemia da Covid-19 e per supportare l’intera società nella laboriosa elaborazione dei molteplici traumi dovuti al virus.

Enrico Maria Secci
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