
L’infanzia ai tempi del Coronavirus. Psico-strategie per genitori
L’isolamento domiciliare indispensabile per contenere l’epidemia sta condizionando la nostra vita e può esporci a sintomi ansiosi e depressivi, sintomi che potrebbero aumentare col prolungarsi del confino sanitario. La quarantena non è solo il primo sconvolgente capitolo di una crisi che cambierà il mondo e le nostre credenze sul mondo degli adulti, ma è anche un’esperienza particolarmente delicata per i bambini.
La reclusione preventiva ha spezzato all’improvviso le membrane psicologiche e sociali dentro le quali la personalità infantile abitualmente si forma. Il virus ha drasticamente modificato la routine familiare, la scuola, lo studio, gli amici e lo sport e questo non può che comportare degli effetti sulla psiche dei bambini.
Sin dal primo giorno dell’Italia Protetta e del decreto #iostoacasa ogni genitore si sta confrontando con una quotidianità ignota, destabilizzante, e coi sintomi psichici della quarantena sui figli; sintomi che possono essere considerati nella maggior parte dei casi “reazioni psicologica immunitarie”, ovvero segnali fisiologici di un adattamento allo shock della resclusione.
Questi indicatori di un disagio generalmente “sano” e transitorio legato alla necessità di elaborare costruttivamente una cambiamento repentino e traumatico, possono suscitare nei genitori un’apprensione eccessiva. Può servire riconoscerli e accoglierli come una “reazione psicologica di tipo immunitario” al forte stress del confino forzato.
A volte le angosce per i figli riflettono un senso di vulnerabilità dei genitori. Prima di lasciarsi fuorviare dal panico, è importare che gli adulti si concentrino sull’idea che in questo periodo di profonda insicurezza e di clausura preventiva, il bisogni primario per i bambini è percepire la serenità e la presenza empatica dei genitori e degli altri adulti significativi.
Gli equivalenti depressivi nei bambini. Nell’infanzia, sino all’adolescenza, i segnali di malessere psicologico tendono a evidenziarsi attraverso equivalenti depressivi, più che con la verbalizzazione. Distruttività, comportamenti oppositivi e di pretesa, violenza su persone/oggetti/ animali, inappetenza, improvvisa fissazione su alcuni cibi, rifiuto selettivo di altri, o iperfagia, peggioramento nella qualità del sonno, svogliatezza e disinteresse per attività precedentemente gradite sono alcuni campanelli d’allarme ai quali prestare attenzione se perdurano per un periodo superiore a due o tre settimane.
L’improvviso sconvolgimento della routine è registrato dai bambini come uno shock, un trauma che la mente infantile fatica ad elaborare. Basti pensare a quanto la nostra visione adulta delle cose sia dolorosa e confusa a causa della pandemia e amplificarla per avvicinarsi alla difficoltà di un figlio chiuso in casa per ragioni che fatica a comprendere e ad accettare. In un quadro così complesso, i genitori giocano un ruolo decisivo, perché sono quasi sempre i soli ad interagire faccia a faccia coi bambini, e gli adulti le cui emozioni, comportamenti e scelte influenzano maggiormente lo stato emozionale dei figli.
Non è realistico approntare un manuale di istruzioni per genitori ai tempi del Coronavirus, perché ogni situazione è differente. Però credo che una domanda utilissima per trovare soluzioni creative alla detenzione domiciliare coi figli sia: “Se tu fossi un bambino di cosa avresti bisogno ora?
… di sapere che c’è una malattia e molto contagiosa, ma che sei al sicuro … di sapere che tuo padre e tua madre sono sani e salvi … di immaginare che stando in casa fai parte di un progetto per salvare il mondo, come certi supereroi … hai bisogno di ricevere attenzioni, coccole, cure, baci, abbracci … di giocare … e di sentirti in una situazione protetta. Le liti tra i genitori, i silenzi plumbei, le porte sbattute, i discorsi apocalittici e le ipocondrie, nessun bambino vorrebbe viverle.
Un altro fattore in grado di complicare gli effetti negativi della della quarantena dell’infanzia ai tempi del Covid19 è il possibile disorientamento spazio-temporale. La brusca interruzione delle scuole, la proibizione di lasciare l’abitazione, di praticare attività sportive e l’impossibilità di relazionarsi coi coetanei se non per via virtuale impattano significativamente sull’equilibrio psicologico dei minori, ma è possibile ammortizzare l’urto emotivo dell’epidemia sull’infanzia.
Ogni genitore può facilitare l’elaborazione di questa fase traumatica, ma non pretendere di annullare l’impatto psicologico di un’epidemia destinata a cambiare il mondo e il nostro modo di pensare al mondo. Dunque se il bambino piange, si lagna, si dispera, fa i capricci, distrugge le cose ha pienamente ragione. Forse noi adulti, compresi gli psicoterapeuti, in questi giorni non vorremo altro che piangere, disperarci, distruggere … Che poi è l’esatta reazione purtroppo attuata narcisisticamente e vergognosamente da alcuni Primi Ministri davanti all’emergenza Coronavirus. Ma questo è un altro discorso …
Per supportare i bambini durante questa lunga quarantena può servire coinvolgerli in attività strutturate: condividere un programma giornaliero che li aiuti ricostruire un tempo scadenzato e che li tenga impegnati nello studio come nel gioco. Questo ridurrà le difficoltà dell’isolamento e faciliterà il ritorno alla normalità.
Dove possibile, i genitori possono organizzare una volta alla settimana sorprese per i figli: un pic-nic in balcone, disegnare, danzare, cantare insieme. Qualunque attività creativa che coinvolga la famiglia può sortire un effetto terapeutico importantissimo a breve, medio e lungo termine.
Fare una pizza tutti insieme o preparare una torta, costruire una capanna in soggiorno, fare un collage, disegnare insieme, giocare a nascondino, cantare, inventare una storia, … non c’è limite alla fantasia. Solo la fantasia può salvare i bambini dalla noia e dall’alienazione dovute all’isolamento.
Aiutare i bambini a tollerare la noia e la frustrazione. Tuttavia, aiutare i bambini a tollerare il sentimento della noia senza drammatizzarlo, potrebbe aiutarli più di qualunque esperienza distrattiva. Un adulto in grado di spiegare a un bambino che la noia non è un sentimento negativo, e che si può stare bene anche senza fare per forza qualche cose è un genitore molto saggio. A patto che sappia annoiarsi a propria volta, senza farsene un cruccio.
Enrico Maria Secci
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