La madre narcisista

La madre narcisista

18 Febbraio 2020 2 Di Enrico Maria Secci

Maternità e narcisismo sembrano concetti in opposizione assoluta. Il primo corrisponde all’accezione universale, archetipica della vita e dell’amore; il secondo è comunemente associato all’egocentrismo, all’egoismo insano e alla negazione dell’amore.

Così parlare di madri narcisiste significa esplorare una contraddizione fra termini apparentemente inconciliabili, perché nella rappresentazione collettiva la madre è colei che dà vita, ama per istinto il figlio e nell’atto del concepirlo è fisiologicamente e psicologicamente equipaggiata per fornire al bambino tutto l’affetto, l’attenzione, la protezione e l’empatia necessari affinché cresca adulto, sano e funzionale.

Affrontare il tema del narcisismo materno è quasi un tabù nella nostra società in quanto nulla è più destabilizzante che riconoscere la realtà che il narcisismo patologico di una donna non le impedisca di essere madre e che i figli debbano fare i conti per un’intera esistenza con un ossimoro terribile: la madre narcisista.

Le madri “cattive” esistono? Forse no, ma esistono le cattive madri accecate da un disturbo della personalità, il narcisismo patologico, erroneamente inteso dai più appannaggio esclusivo maschile. Il narcisismo invece è frequente anche nelle donne, e trova nel femminile la massima espressione nell’esperienza della maternità, più ancora che nel rapporto col partner.

Sin dal concepimento, la madre narcisista immagina il/la figlia come una promanazione di se stessa. Il nascituro, maschio o femmina, è atteso come un trofeo e come tale sarà esibito in tripudio amoroso da “madre dell’anno”.

La narcisista allestisce il concepimento come uno spettacolo perfetto, sino a che la realtà della nascita del bambino non la destituisce dal ruolo principiale e la consegna al compito della maternità. Un compito inconcepibile nella visione narcisista del mondo, un’umiliazione, una sostituzione, una fatica ingiusta.

In una perversione del senso materno, il narcisismo della donna sovverte il verso primigenio dell’amore. La madre narcisa esigerà l’amore del neonato e vivrà con estrema angoscia e frustrazione le richieste del piccolo. Le soddisferà per compiacere gli altri –il compagno, i parenti, gli amici, ecc. – verso i quali vive il dramma della co-protagonista, una parte “secondaria” in cui si sente annientata “per colpa del figlio”.

Allora, la madre narcisista ordisce la rappresentazione della madre perfetta, in molti le crederanno. Tutti devono accorgersi di lei, lodarla e apprezzarla come genitrice. Affinché questo accada utilizza il bambino come un pezzo d’argilla: esige di plasmarlo a propria immagine. Il bambino deve essere perfetto, deve essere speciale, deve dimostrare in ogni momento ossequio, diletto, deve essere l’incarnazione integrale delle grazie materne.

I figli delle narcisiste, una volta adulti sono spesso sofferenti. Rievocano in terapia le immagini di una madre eccentrica, spesso depressa, rigidamente normativa, iper-critica e gravemente intrusiva in ogni aspetto della loro vita. Hanno ricevuto amore nella stretta misura dell’obbedienza alle istanze materne e si sono sentiti sopraffatti dall’onnipresenza della madre. Questo li ha resi fragili, esitanti, impauriti nelle relazioni e ha contribuito a complicare la loro autonomia.

Infatti, la madre narcisista contravviene al mandato di proteggere la prole e di agire per favorirne l’individuazione e la realizzazione. Per lei proteggere vuol dire possedere, comandare e plasmare a propria immagine; l’autonomia dei figli è percepita come una minaccia, una perdita della propria dispotica centralità.

Per esercitare la sua influenza, il genitore narcisista istituisce un sistema di premi e punizioni randomizzato, casuale e incomprensibile, un sistema basato su un atteggiamento perennemente insoddisfatto e per niente empatico riguardo ai bisogni affettivi dei figli. Per svalutarli li confronta di continuo con altri bambini, e li redarguisce per la loro inadeguatezza, salvo poi esaltarli in pubblico come fenomeni.

Interviene su ogni scelta, cerca di impossessarsi degli amici dei figli o di allontanare chiunque dimostri loro amore autentico e incondizionato. Blandisce le loro/i loro fidanzati/e, o li “seduce” per guadagnarsi un posto nella coppia, con conseguenze disastrose.

Sin da piccoli li “triangola” col padre, li coinvolge impropriamente nella propria guerra coniugale trasformandoli in confidenti nel tentativo di diminuire ai loro occhi la figura dell’altro genitore. L’essere chiamati in causa nei problemi della coppia genitoriale costituisce un potente fattore traumatico: il figlio è calato in un clima di sospetto e di instabilità, è deprivato della sicurezza dell’amore da tutte le parti. Da parte della madre, rispetto al padre e da ambedue.

A volte, non tollerando l’ambivalenza e le aspettative irrealistiche che lo opprimo, si rifugia nel fallimento. Rifiuta i rapporti sociali, rifugge ogni prova, ogni compito o confronto e si ripiega nella mediocrità. Ciò sigilla l’unione con la madre con la ceralacca della dipendenza emotiva, psicologica ed economica in età adulta.

Per i figli di narcisiste patologiche l’opzione di modellarsi al funzionamento materno costituisce, paradossalmente, un’opzione migliore alla depressione e la rinuncia totale all’autonomia, perciò alcuni/e diventano a propria volta narcisisti e ripetono gli schemi della madre.

Enrico Maria Secci
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