Omofobia e suicidio. La storia di Alan Turing

14 Maggio 2019 0 Di Enrico Maria Secci

******* Nel 1954 un genio assoluto dei nostri tempi si suicidò mordendo una mela imbevuta d’arsenico.

Alan Turing, matematico e crittografo inglese, è riconosciuto oggi come l’inventore e il precursore dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. Ma è anche ricordato perché giocò un ruolo decisivo nella sconfitta dei nazisti ideando una macchina capace di decodificare le comunicazioni militari segrete tedesche e, per questo, può essere definito un eroe.
Senza Turing l’orrore della svastica e dei lager sarebbero proseguiti mietendo altri milioni di vittime o forse non sarebbero mai finiti.

Eppure morì, svergognato e umiliato perché omosessuale.

L’esecuzione di un genio. Questo genio indiscusso e raro fu ritrovato cadavere a soli 41 anni nel suo appartamento, la mela morsicata accanto come unico addio alla società inglese omofoba che lo condannò alla tortura di Stato della castrazione chimica dopo un impietoso processo per omosessualità.
Bastò che la polizia scoprisse che Alan Turing intratteneva una relazione con un altro uomo perché tutti i suoi meriti ricevessero un cieco colpo di spugna e perché, da salvatore della patria e punta di diamante dalla ricerca mondiale, diventasse l’ultimo dei reietti, costretto a scegliere tra la detenzione e la contenzione farmacologica del suo “innominabile vizio”.

Per più di un anno, Alan si aggrappò al lavoro ma non resse il peso dell’ingiustizia e della vergogna, né sopportò oltre la vista del suo corpo maschile deturpato dalla crescita dei seni, effetto collaterale dei farmaci imposti dalla condanna.

Un delitto universale. Considerati i suoi meriti e ciò che avrebbe ancora potuto ideare e scoprire, l’uccisione di Turing può essere considerata una delle più assurde perdite del nostro tempo, un crimine contro l’umanità.

Una musica che non cambia davvero. La Storia è intrisa di delitti omofobi, della soppressione ideologica di schiere di intellettuali, di artisti e di scienziati, esiliati o mandati a morire nei gulag e nelle camere a gas perché omosessuali. E la musica, purtroppo, non cambia ai giorni nostri, che vorremmo più civili ed evoluti, a furia di maltrattamenti, pregiudizi e discriminazioni omofobe pressoché quotidiane.

Certo, quella di oggi in Italia, è una musica meno assordante, dalle note di velluto, è quella che intona “il mio amico gay”, “il mio bravo collega gay”, “è gay, ma …”.

Saremo veramente liberi dal requiem sanguinario che ha falcidiato milioni di persone in tutto il mondo quando cambieremo registro e parole. Quando una persona sarà una persona e basta e si smetterà di posizionarla all’interno di un sistema etero-centrico, lo stesso sistema gravemente disfunzionale e patogeno che ha ucciso esseri umani incolpevoli e di valore inestimabile come Alan Turing.

C’è chi ha sostenuto che il logo della mela morsicata della Apple sia ispirato alla tragica scomparsa “dell’inventore gay” dell’informatica, che sia un omaggio postumo alla sua genialità stroncata nel pieno della sua vitalità, e voglia essere implicitamente la celebrazione di un martirio che manifestamente è servito a realizzare un’elettronica impossibile senza il suo contributo.

Cupertino ha smentito, ma rimane la suggestione di un messaggio universale improntato al rispetto e alla tolleranza che passa di mano in mano, come un amuleto per un mondo aperto, tollerante, ricco e sicuro per tutti, indipendente dall’orientamento sessuale e da altre categorie del razzismo.

Un mondo dove gente come Alan Turing vivrà felice e potrà contribuire con la serenità di un’esistenza libera al bene comune.

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L’omofobia è definibile come la paura irrazionale verso persone di orientamento non eterosessuale, una paura basata sul pregiudizio che ogni giorno, anche nei Paesi Europei, registra episodi di intolleranza, isolamento e violenza, ed è tra le principali cause di suicidio in età adolescenziale.

Da quando, a cavallo tra la metà degli anni ’70 e la fine degli anni ’90, l’omosessualità fu cancellata dalle patologie psichiatriche, medici, psicologi e psicoterapeuti continuano a lavorare contro il pregiudizio e a promuovere un’idea multidimensionale e realistica della “normalità”.

Enrico Maria Secci, Blog Therapy
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