depressione
Depressione: i sintomi principali.
Poiché si parla spesso di “depressione” in modo vago e disinformato, sembrerebbe che questo disturbo affligga una fetta notevole della popolazione. Esistono forme di “depressione” fisiologiche e transitorie, chiamate depressioni reattive, che si sperimentano in comcomitanza a eventi traumativi, lutti, abbandoni. Ma in realtà, si può cominiciare a ipotizzare la presenza di un problema di matrice depressiva solo se almeno quattro dei seguenti sintomi si manifestano per un periodo di almeno quattro settimane e rappresentano un cambiamento nell’abituale funzionamento della persona.
Psicologia: Ammalati d’amore – PARTE TERZA/B – Le dipendenze affettive
Concludo l’articolo sulle dipendenze affettive descrivendo gli ultimi due schemi dei quattro scoperti col le persone con cui ho lavorato o che seguitano un percorso di psicoterapia breve con me. L’interesse generato dai post su questo argomento mi stimola ad approfondire il tema: presto on-line articoli sulle dipendenze affettive tra genitori e figli.
Psicologia: ammalati d’amore – parte I – le dipendenze affettive [INFO 4]
F. è una dipendente affettiva. E’ ossessionata dall’idea di perdere G., il suo compagno. Chiede aiuto all’ennesimo psicoterapeuta, perché nessuno sa più cosa fare con la sua depressione. Al momento, sente di vivere “una vita non sua” -così dice-, una vita perennemente velata di lacrime e, a volte, allagata da temporali d’angoscia che la lasciano disperata e in balia dei farmaci.
G., che è molto preoccupato, la rimprovera di star male e ogni giorno la stimola al cambiamento. Contribuisce economicamente alla terapia, le “somministra” i farmaci con puntualità marziale. E’ evidente che G. non ha mai fatto nulla per andarsene, e non se ne andrà mai. Pesa più di un quintale, e non sembra accorgersene.
Provate a dire a F. che il problema, forse, è collegato a questa preoccupazione di perdere G. La maschera depressa si piegherà prima in una ragnatela di rughe interdette, invocando un’affaticata ironia, e poi mimerà quella che dovrebbe essere un’espressione di gioia, ed esclamerà: “No! Io e lui! Siamo sempre stati felici! Sono IO il problema! Anzi, come farei senza di lui!”.
G. annuirà con un grugnito riconscente e si agiterà rumorosamente sulla sedia, facendola scricchiolare di dolore.
La dipendenza affettiva è un problema sfuggito per anni alla psicopatologia, perché è sempre molto facile confondere la causa con l’effetto. Infatti, come si fa a sapere se una persona è gravemente depressa e quindi sviluppa un attaccamento morboso verso il partner (o verso un altro individuo per lei significativo), oppure è depressa perché ha attivato uno schema di attaccamento che non riesce a rompere? Questo dubbio ha aperto varchi sempre più profondi nelle certezze della psichiatria, secondo cui la dipendenza affettiva è una conseguenza di un “difetto” del cervello, un mero effetto collaterare di disturbi più seri come depressione, ansia, attacchi di panico, ecc. Eppure i casi come quelli di F., che sono numerosi e fortemente resistenti alla farmacoterapia e a molte forme di psicoterapia, applicare l’etichetta di “depressione” non risolverà il problema. Anzi, lo aggraverà. Come farà la povera F. a lasciare il povero G., dato che è depressa? Non può, non ne ha le forze. E, d’altro canto, come farà G. a occuparsi dei propri problemi finché F. sta così male? Non può! Deve continuare a starle accanto. E più G. farà l’infermiere di F., più F. sarà incapace di riconoscere i propri sentimenti per lui, e più diverrà dipendente dalla cure del partner, ecc.
Non importa se, approfondendo il caso, emergerà che F. ha sposato G. per ripiego a una storia d’amore andata male, come fuga da una famiglia soffocante e per gratitudine. Gratitudine verso un uomo che la amasse ancora dopo il precedente “fallimento”, un uomo che alleviava la disperazione e, senza naturalmente saperlo, si sostituiva al senso di drammatica inadeguatezza della compagna scelta. Non importa se si scoprirà quasi subito che G. è stato ripetutamente tradito. E che l’attività sessuale tra i due è pressoché inesistente da anni, complice la “malattia” di lei. Agli avvicinamenti di G. si contrappone sempre un mal di testa, una crisi di pianto, uno stanco e molle concedersi, che poi finisce per congelare ogni intenzione d’orgasmo.
I dipendenti affettivi sono quelle persone che pur trovandosi in relazioni fortemente problematiche e insoddisfacenti, non riescono a romperle, e che, nei casi più gravi, non ci provano nemmeno, così sviluppano patologie collaterali (ansia, pseudo-depressione, panico, ecc.). Per via di queste patologie -autentiche, non certo simulate- queste persone approdano alla psicoterapia, di solito dopo aver strenuamente rimandato, convincendosi di poter guarire da sole. E’ molto raro che avvenga il contrario, cioè che il paziente chieda aiuto perché sente di dipendere affettivamente da qualcuno e attribuisce il proprio malessere a questo. Nessun paziente mi ha mai detto “Mi aiuti! Ho una dipendenza affettiva!”. Mi è invece accaduto molto spesso che mariti o mogli portassero i propri partner gravemente depressi in terapia, con atteggiamento accudente e preoccupato, li depositassero letteralmente in studio e sembrassero chiedermi: “Ecco, il giocattolo è rotto. La prego, lo aggiusti!” . La dipendenza affettiva è un duetto inconsapevole e complice, che finisce per fare sempre due vittime. Una è il paziente esplicito, quello che fa la psicoterarapia. L’altro, che in terapia non viene, è il paziente implicito, che latita, ma che sviluppa pur sempre dei sintomi, sintomi curiosamente di tipo dipendente come l’abuso di alcol o cannabis, o, più spesso, l’abuso di cibo o di lavoro.
Il lavoro è spesso doppiamente difficile perché ai primi tentativi del paziente di svincolarsi dalla dipendenza affettiva corrisponde da parte del partner un’intensa attività di sabotaggio del cambiamento. “Ecco, è perché sei depressa che vuoi lasciarmi! Sei malata… ti aiuterò io a guarire! Quella terapia non ti sta servendo a nulla!”. Quando l’aperto sabotaggio dell’acquisizione d’autonomia non funziona, il partner passa a una forma di ostracismo più sottile: si ammala anche lui per cercare di impedire che la compagna o il compagno lo abbandoni.
Alcuni sintomi delle dipendenza affettive e relazionali:
– Svalutazione dei sentimenti
– Profondo senso di colpa e/o rancore e rabbia
– Paura di perdere l’amore
– Paura dell’abbandono, della separazione
– Paura della solitudine e della distanza
– Terrore di mostrarsi per quello che si è
– Timore di essere segregati
– Timore di essere annullati.
E’ tipica nelle dipendenze affettive la ricerca di una’assenza totale di confini tra i partner; ogni differenza viene considerata una minaccia e osteggiata al punto che la coppia si chiude in un’unità pesante, quasi monolitica, in un ristretto nucleo di frequentazioni, quasi sempre con altre coppie o i familiari di uno dei partners. Il più piccolo tetativo di autonomia viene considerato come un’offesa e da luogo a un aumento di controllo sul partner: dal controllo della rubrica e dei messagi sul cellulare a veri e propri pedinamenti, sino alla violenza fisica.
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Ammalati d’amore- Le dipendenze affettive
I sintomi dell’ansia e degli attacchi di panico [INFO 2]
L’ansia e gli attacchi di panico sono probabilmente i problemi psicologi più diffusi e in ascesa costate, soprattutto tra i i giovani. Riconoscere con accuratezza i primi sintomi può essere di primaria importanza per evitare che, nel tempo, si strutturi una patologia. Infatti, richiedere protamente una consulenza nelle prime fasi di sviluppo del problema può accelerare enormemente il processo terapeutico.
I Sintomi Principali
Ansia e preoccupazione eccessive, che si manifestano quasi ogni giorno per almeno 2 mesi
La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione. Tendenza al ritiro sociale, oppure a chiedere aiuto a familiare e amici, sino a delegare anche piccole attività quotidiane.
L’ansia e la preoccupazione sono associate con 3 o più tra i seguenti sintomi:
1. irrequietezza, o sensazione di tensione;
2. facile affaticabilità;
3. irritabilità;
4. tensione muscolare;
5. alterazione del sonno;
Veleni di Amelie Nothomb [PENSIERI 1]
I messaggi dell’anima [PILLOLA 1]
Tra gli psicoterapeuti è sempre più diffusa la consapevolezza che la sofferenza della mente funziona come un sistema d’allarme a protezione dell’equilibrio psichico. Per quanto possa apparire strano ai non addetti ai lavori, ansia, attacchi di panico e depressioni – solo per citare i più diffusi problemi delle persone che chiedo aiuto a uno specialista-, contengono un messaggio di vitale importanza per il paziente che ne soffre. Molto spesso questo messaggio è: “Devi Cambiare!“, “La tua vita può andare meglio di così!”.
Riuscire ad ascoltare e a decodificare i messaggi nascosti nel malessere psicologico è un mezzo estremamente effiace per guarire. Una volta compreso il significato del problema è possibile individuare alterantive di comportamento, di pensiero e d’azione, e riorganizzare rapidamente la propria vita.
Eppure, sono in molti a cercare di “spegnere l’allarme antincendio, anche se la casa brucia“. La richiesta dei pazienti è spesso quella di eliminare il problema, non di risolverlo. Sarebbe proprio come dire che si vuole disattivare un fondamentale sistema di sopravvivenza, perché sta facendo bene il proprio lavoro.
E’ così che P. voleva debellare la depressione, ma al contempo lasciare inalterato il rapporto asfissiante col marito. S. desiderava smettere coi continui e spossanti attacchi di panico, ma anche continuare a soddisfare le richieste sproporzionate e regressive dei genitori, che non accettavano di avere una figlia ormai adulta. M. voleva liberarsi della bulimia, eppure mantenere l’abitudine a svalutarsi e a farsi svalutare dai ragazzi…
P., S. e M. hanno dovuto rinunciare lavorare duramente su di sè. S. ora è una professionista affermata e indipendente, e vive col suo compagno. I genitori non l’hanno presa bene all’inizio, ma ora va meglio.
M. ha ritrovato i propri confini e il proprio valore. I chili di troppo non sono più un problema, per questo adesso le diete cominciano a funzionare.
Solo P. non ha completato il suo percorso, perché una volta “spento l’incendio” ha preferito rimanere nella casa cadente e annerita dal fumo, piuttosto che raccogliere le proprie forze e ricominciare un’altra vita con un altro uomo.
Benvenuti nel mio Blog
Benvenuti nel mio Blog di Psicologia e Psicoterapia dedicato a chi ha domande, curiosità. esigenze o bisogni attinenti alla sfera della saluta mentale e del benessere psichico.
Mi presento
Sono uno psicologo specialista in Psicoterapia. Vivo e lavoro tra Cagliari e Quartu Sant’Elena, città dove ha sede il mio studio professionale. Da molti anni mi occupo di psicoterapia dei distubi psicologici nell’età adulta: ansia, attacchi di panico, depressione, bulimia e anoressia, fobie, dipendenze affettive e difficoltà nella sfera affettiva eterosessuale e omosessuale.
Ho aperto questo blog perché sono consapevole che non sempre è facile avvicinarsi ai professionisti della Psicologia e della Psicoterapia, che spesso vengono percepiti erroneamente lontani e indisponibili. Attraverso la mia e-mail puoi in qualsiasi momento fare domande, esprimere opinioni, chiedere suggerimenti. Nei limiti delle mie competenze risponderò e farò in modo che le tue curiosità si trasformino in uno strumento di informazioni per tutti quelli che vorranno leggere.
Mi sono laureato con lode in Psicologia nel 1998, con la tesi sperimetane, poi pubblicata.
Dopo un perido negli Stati Uniti, vinta una borsa di studio, ho deciso di specializzarmi in psicoterapia a Roma. Ho studiato presso l’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie, Scuola quadriennale di specializzazione in Psicoterapie Brevi ad Approccio Strategico, dove ha conseguito a pieni voti il Diploma di Specializzazione.
Mi sono perfezionato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma) in Psicologia e Psicoterapia degli Addictive Behaviours e patologie correlate, Alcol-Farmaco Dipendenze e “dipendenze senza droga“: dipendenze affettive, sessuali, da Internet (chat, aste on line) e da gioco d’azzardo.
Tra il 1998 e il 2002 ho approfondito gli studi attraverso un Master Biennale in Comunicazione Efficace Programmazione Neuro-Linguistica e ho seguito un addestramento biennale in ipnosi e in training autogeno, sempre presso l’ISP di Roma.
Oltre all’attività clinica privata, svolgo un’intensa attività di insegnamento e ricerca.
Progettista e docente dei Corsi di Comunicazione Medico-paziente accreditati dal Ministero della Salute con 60 punti ECM complessivi. Dal 2003 ho già tenuto oltre 50 edizioni dei seminari di psicologia, coinvolgendo oltre 1000 tra medici, psicologi e altri operatori sanitari.
Collaboro con le Scuole di specializzazione Istituto per lo Studio delle Psicoterapie, ISP (Roma) e SCUPSIS, Scuola di Psicoterapia Strategica Integrata, (Roma), che hanno adottato il mio libro come testo di studio.
Ho insegnato Psicologia Clinica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Sassari, Master in Infermieristica di Area Critica. Inoltre, nel 2005-2006, ho insegnato Psicologia del Lavoro presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Sassari, Master in Infermieristica per le Funzioni di Coordinamento.
Lavoro anche come consulente e formatore per Enti Pubblici e aziende private (per esempio, Poste italiane, Sky Italia, Quanta spa, ecc.) nel campo della comunicazione e della leadership.