
L’amore malato è il contrario delle favole: come il narcisista vede la sua vittima e la sindrome di Eco
Se la vittima di un narcisista perverso potesse vedere se stessa con gli occhi dell’altro tutto sarebbe più facile. Una visione terrifica e sconsolante ha il potere di milioni di parole, ma purtroppo la dipendenza affettiva è soprattutto un gioco di parole, un tragico cabaret di travisamenti, di fraintendimenti, di mezze verità e di truismi disperanti. Una dimensione psicologica insonorizzata, dove le voci degli altri, comprese quelle degli psicoterapeuti, arrivano attutite, esili come l’ovatta che colpisce un muro.
La dipendenza affettiva da un /a narcisista, la sindrome di Eco, acceca, destabilizza e rende invisibile il visibile e impalpabile l’asprezza del suo peso. In ogni modo, la vittima e il suo complice si adoperano per alterare la realtà, per addossarsi l’un l’altra/o le responsabilità del disastro, per rimbalzarsi a vicenda le “colpe” di questa disfunzione relazionale che chiamano “amore” al di là di ogni evidenza.
Si parla di sindrome di Eco, o ecoismo, in riferimento al mito della ninfa Eco, che dopo l’incontro con Narciso soffrì di maldamore al punto da disincarnarsi e disperarsi in eterno, prigioniera di una morte vivente.
Per il narcisista perverso, l’altro è oggetto, giocattolo, strofinaccio, matassa di nodi, incidente, disturbo, caleidoscopio nauseante, giostra nevrotica. Animaletto in cattività, lezioso caso umano, inutile quisquilia. È molto difficile che, malgrado la vittima difenda la propria dignità, il narciso risponda con umanità ed empatia.
Il/la narciso/a usa invece al silenzio, all’apatia, alla imperscrutabilità come un bisturi psicologico, oppure si serve del mimetismo camaleontico che lo/la caratterizza. All’occorrenza appare fragile, depresso, inabile alla vita. Oppure diventa d’amianto, erige all’improvviso muraglie inespugnabili, esclude con ostinazione ferina ogni contatto che non sia monitorato con precisione, scenograficamente soggetto al proprio controllo.
Agli occhi del/la narcisista patologico/a, la/il partner appare come un manichino di paglia, goffo, disarticolato e dalle manifestazioni imponderabili: la logorrea alluvionale, le pretese, le recriminazioni e la lacrima facile.
Mentre la vittima si cimenta in spericolate introspezioni e si spertica nell’arte dell’interpretazione psicanalitica pur di dare un senso al dolore, il narciso si annoia e s’inquieta. Stacca la spina e non ascolta: per lui l’altro non piange, lacrima; non parla, raglia, barrisce, strepita; il narciso sente sempre e comunque che l’altro non lo ama e che, anzi, lo infastidisce, lo molesta. E questo lo disturba.
Così, quando l’esasperazione della partner o del partner diventano ingestibili attraverso le consuete strategie della svalutazione, del silenzio o della lusinga, il narciso veste i panni della vittima e agisce affinché l’altro, colpevolizzato, ritratti e arretri nella sua posizione di dipendenza affettiva.
Agli occhi del narcisista perverso, la partner è una pedina e non una persona con i propri bisogni, le proprie aspettative e un proprio modo di muoversi nel mondo. Per questo, ogni accenno di libero arbitrio può suscitare nel narciso reazioni intense di rabbia e pesanti rappresaglie: aggressioni verbali, abbandoni o tradimenti.
In alcuni casi, è sufficiente pronunciare per primi la parola “amore” per scatenare feroci ritorsioni. Così, le storie di dipendenza con narcisisti patologici appaiono come sale da ballo assurde, dove la danza si interrompe di continuo e finisce per somigliare a un saggio di arti marziali; un ballo sgangherato che si produce in assoli straziati e riprende estatico quegli istanti che bastano per frantumare nuovamente il cuore.
Tra i motivi per cui la musica continua a suonare con l’ostinazione di un requiem, c’è la difficoltà enorme da parte del partner del narciso patologico di riuscire a vedersi come l’altro lo vede e di continuare ad osservarlo con gli occhi miopi e lattiginosi dell’Amore idealizzato e perfetto, e nella triste illusione che, a furia di perseverare nell’abnegazione, nell’auto-sacrificio e nella dipendenza, questo accadrà.
Le favole al contrario. E, invece, non accadrà niente, se non un susseguirsi di favole al contrario: il Principe diventerà la Bestia; la Bella Addormentata marcirà nel suo sonno, mentre il Narciso se la spasserà al Castello, a meno di presentarsi ogni giorno lindo e raggiante davanti al feretro di cristallo; e la povera Biancaneve diventerà la serva della Matrigna di turno, e, tra un servizio e l’altro, si nutrirà di mele avvelenate per tutta la vita.
Nel mio libro ”Il narcisismo in amore e la sindrome di Eco” l’analisi della fiaba e del mito s’intrecciano inevitabilmente col racconto di casi e la rassegna di strategie e modelli per comprendere e combattere la sindrome di Eco o ecoismo, e sconfiggere la dipendenza affettiva senza più ricadute, corsi e ricorsi.
In particolare, condivido nel saggio una prospettiva pratica e operativa nella terapia psicologica delle vittime di narcisisti/e, uomini e donne, con questionari di autovalutazione e strumenti di autoaiuto messi a punto in venticinque anni di esperienza clinica nel campo dei disturbi relazionali, della coppia e della personalità.
Una lettura per tutti, indipendentemente dal proprio vissuto attuale. Un libro da regalare a chi in un certo momento della propria vita ha incontrato un/una narcisista e si è persa/o nel labirinto perverso della sindrome di Eco.
Enrico Maria Secci
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Buonasera ,
condivido con Federica, io sono stata l’amante ” preferita” ovviamente ignara di esserlo e poi la moglie di un uomo molto famoso a cui tutti danno un rispetto estremo dovuto alla sua posizione sociale e ai grandi successi nel campo lavorativo, grazie alla sua mente eccelsa. Io sono stata considerata non come una vittima, bensì come colei che non riusciva a capirlo.
Dopo più 20 anni di relazione, matrimonio e figli, finalmente ho dato un nome a tutta quella sofferenza. Quante umilizioni, quante bugie, quanti dubbi sulla mia percezione della realtà, ma quello che mi faceva stare più male era la sua completa immobilità davanti alle mie sofferenze. Non riuscivo a capire come si poteva rimanere inerti davanti a una persona che piange e si dispera. Sono arrivata al punto di supplicare il suo perdono per averlo accusato, dopo qualche nefandezza che lui aveva fatto e io avevo scoperto. Il suo sguardo di disprezzo e il silenzio mi hanno umiliata per anni. È proprio vero, ero una seccatura in quei momenti, lo leggevo chiaramente nel suo atteggiamento. Lo sapevo, ma ero incredula, non poteva essere così meschino. Ora mi rendo conto che era troppo doloroso ammetterlo e non mi capacito di come sia potuta arrivare a questo punto per una persona così.
Il narcisista può avere una relazione se il partner sta al gioco perverso e non ha abbastanza autostima. Ho esempi, due, in famiglia. I miei genitori e una coppia di cugini. Il partner del narcisista non vive senza l’oggetto del suo amore. Vive il conflitto e non sembra accorgersene. In ogni relazione è ovvio che il gioco si fa in DUE.
Articolo mirabilmente scritto, così come accattivante il suo libro, tuttavia non le sembra di ridicolizzare spietatamente la, “vittima” tra tagli e piagnistei , inquadrandola sostanzialmente come corresponsabile al 50%della relazione “malata”? Non è forse vero che il narcisista patologico ha una personalità scissa ed è un abilissimo attore e manipolatore? Non è forse vero che mostrando un sé grandioso all’esterno gode molte spesso di stima incondizionata da parte di gran parte delle persone e questo mette in netta minoranza la vittima, per giunta in confusione per via del gaslighting operato dal narcisista, così come, non di rado, dalla denegazione dei familiari? Mi scusi, mi pare ingeneroso equipararli, preferisco soffermarmi sul “nucleo di amore lontanissimo e profondo, il nucleo sano che può essere attivato” che lei suggestivamente richiama a pag. 63, e che rigenera la speranza (concordando che il recupero compete unicamente allo psicoterapeuta). Grazie
Luce sul concetto, grazie