I vissuti dell’abbandono

I vissuti dell’abbandono

20 Aprile 2023 7 Di Enrico Maria Secci

Chi subisce l’abbandono improvviso nella vita amorosa è travolto dal caos. Nel disastro emozionale non sa più chi sia, chi sia l’altro/a e che senso abbia amare e vivere. Nella disperazione totale inizia a dubitare di tutti, rinuncia a ogni riferimento. Se lei/lui ti hanno gettato via come un sacco della spazzatura, vuol dire che sei spazzatura. Come psicologo credo che nulla possa devastare un essere umano quanto la perdita del senso del proprio valore intrinseco e incondizionato.

Le “vittime” di questi abbandoni brutali vivono improvvisamente una situazione psicologica ed esistenziale ai limiti della psicopatologia, perciò temono di impazzire o di morire. Sperimentano un senso di morte, una morte vivente segnata dalla perdita del sentimento del piacere. Il cibo insapore, il sonno tormentato, la libido annullata. Non sanno più cosa fare, dove andare, con chi parlare.

Il partner che vive un abbandono così incomprensibile è travolto da un giorno all’altro da un caos psicologico ed esistenziale che lo trascina in una sequenza di vissuti dolorosi:

  • Disperazione/ Incredulità
  • Auto-colpevolizzazione / Vittimismo
  • Ossessione/Sospetto
  • Rabbia
  • Attesa
  • Amarezza/Rassegnazione.

Se non elaborati, questi vissuti possono produrre un blocco psichico ed emotivo e sfociare in una sindrome psicopatologica sovrapponibile al disturbo da stress post-traumatico.

A rendere particolarmente complesso il superamento della crisi inflitta dagli amori finiti senza un apparente perché è il fatto che il partner ha l’onere di trovare un senso, di rintracciare in perfetta solitudine una narrazione coerente e funzionale della storia spezzata, perché dopo l’abbandono il/la compagno/a si dilegua esattamente come una supernova, lasciando al suo posto la lacerazione di un buco nero.

Disperazione/Incredulità

Nella contingenza dell’abbandono radicale, la prima reazione è un misto di disperazione e di incredulità. Disperazione perché la perdita improvvisa dell’oggetto d’amore è paragonabile alla notizia di un incidente mortale, a un lutto causato da una malattia fulminante e insospettata. Incredulità perché la drastica interruzione del rapporto sentimentale senza motivazioni e accadimenti comprensibili ha l’effetto psicologico di una burla, a causa della dissonanza surreale con le emozioni, i fatti e le azioni che l’hanno preceduta.

Nell’immediatezza del trauma, chi è lasciato pensa a una crisi transitoria e contiene le proprie reazioni (rabbia, delusione, sospetto) verso il partner per favorire il superamento della presunta crisi. Ma quest’approccio razionale non dura a lungo, in quanto le emozioni di tristezza, di ingiustizia e di umiliazione non possono essere arginate con ragionamenti consolatori.

La disperazione si manifesta come insonnia, inappetenza, mancanza di concentrazione, rimuginazioni senza pace e ripetitività del pensiero. Anche l’individuo più equilibrato dopo l’abbandono insensato è soggetto a scoppi di pianto improvvisi e depressione aggravati dai vissuti tipici del distacco traumatico: vergogna, anedonia e paura del futuro.

Vergogna

Essere lasciati di colpo dopo anni d’amore e di dedizione reciproci, e dopo aver condiviso parenti, amici, colleghi con lo slancio della coppia inossidabile, procura un profondo senso di vergogna e di indegnità. Accade perché una rottura così netta corrisponde in qualche modo a una svalutazione, ci si sente senza qualità e senza spessore, travolti dal crollo dell’autostima alimentato da pensieri negativi e persecutori sul modo in chi le persone vicine alla coppia commenteranno la notizia della separazione.

“Penseranno che è tutta colpa mia”, “Diranno, che stupida/o, come ha fatto a non accorgersi prima che le cose non andavano?”, “Ben gli/le sta. Non poteva essere tutto perfetto come voleva/volevano farci credere”. Il timore del giudizio altrui può causare isolamento sociale e complicare ulteriormente l’elaborazione del trauma emotivo.

Si arriva a evitare di parlare dell’accaduto rischiando un accumulo emozionale eccessivo che può dar luogo a disturbi psicosomatici: cefalee, problemi agli apparati cardio-circolatorio e gastro-esofageo, eruzioni cutanee, perdita dei capelli e invecchiamento precoce (per esempio, capelli bianchi, rugosità del viso, postura ingobbita).

La vergogna è accompagnata dall’idea di essere stati ingannati a lungo, di essere stati stupidi, idealisti, “sbagliati”. Un’idea dissonante con la memoria della relazione che, per quanto ci si sforzi di ricordare, non ha registrato elementi che potessero preannunciare il disastro.

Anedonia

In psichiatria e psicopatologia il termine anedonia designa l’incapacità di provare piacere per attività precedentemente gratificanti, come dormire, nutrirsi, frequentare gli altri o il sesso.

Dopo l’abbandono radicale l’anedonia è una delle condizioni più frequenti e si presenta associata all’apatia, uno stato di indifferenza verso cose, persone e situazioni della vita da cui la “vittima” ricavava benessere o gioia.

A un tratto nulla è importante. Anche se gli individui più equilibrati riescono a continuare comunque una vita attiva e complessivamente ben adattata, lo fanno senza trarne soddisfazione.

La perdita del piacere probabilmente deriva dal tentativo, conscio o inconscio, di limitare il dolore della perdita dell’oggetto d’amore, che provoca un blocco sia delle emozioni positive che di quelle negative.

Se ho perso lui/lei, se lui/lei, mi hanno rifiutato in questo modo assurdo, inspiegabile, non merito più niente e nessuno. Devo punirmi, devo annullare il piacere. Sono indegno/a del piacere e, anche di piacere. Dato che la persona alla quale ho dato tutto di me, quella che mi conosce più intimamente può scaricarmi all’improvviso, io non valgo niente. Questi i pensieri fissi dell’amante abbandonato. Pensieri di vergogna e di indegnità finalizzati inconsciamente a praticare una sorta di “espiazione” di colpe sconosciute, come se l’isolamento sociale, la rinuncia e l’auto-sacrificio potessero cambiare la decisione dell’amante supernova.

Nella fase della vergogna la “vittima” nutre ancora speranza, perciò si auto-punisce con l’esclusione dal mondo, che ritualizza nel pianto, nel ritiro, e nell’ossessione per le proprie “colpe”, martire di se stessa. Continua nei prossimi giorni …

Enrico Maria Secci, Blog Therapy
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