Psicologia. Sai che cos’è la serendipità?

Psicologia. Sai che cos’è la serendipità?

9 Novembre 2022 0 Di Enrico Maria Secci


“Serendipit
à” è il fenomeno per cui si scopre qualcosa di prezioso e di risolutivo mentre si cerca qualcos’altro, o l’imbattersi in ciò di cui si aveva bisogno in un luogo o in una circostanza in cui non ci si aspettava di trovarlo. Il termine, che ha compiuto 260 anni, si deve all’inglese Horace Walpole, un intellettuale che scoprì la serendipità ispirandosi alla fiaba persiana dei Principi di Serendipo.

La storia racconta di tre principi che intraprendono un viaggio pieno di insidie e di enigmi, ogni volta risolti grazie a eventi imprevedibili che, interpretati con arguzia e intuizione, salveranno i protagonisti dalla prigionia e dalla morte.

La serendipità può essere ingenuamente confusa con la fortuna, il “caso” o la provvidenza, invece individua un concetto molto diverso, un concetto che condensa in sé quelle capacità della mente umana che sono alla base del benessere e dell’equilibrio psicologico: la fiducia, la determinazione, la creatività e la resilienza. Sono ricchezze insite nel nostro patrimonio di essere umani che, a volte, nello sviluppo dell’identità subiscono un blocco tale da indurci a smettere di attingere alle straordinarie che ci offrono in favore di schemi psicologici e di visioni del mondo rigide e caotiche.

Nel campo delle invenzioni tecnologiche e delle scoperte scientifiche, la serendipità ha cambiato il mondo. Per fare solo qualche esempio, la mela di Newton ha permesso la scoperta delle leggi gravitazionali, la scoperta delle Americhe e della penicillina, l’invenzione della cottura a microonde e, in tempi recenti, l’individuazione dei neuroni specchio, fondamentali nella comprensione dell’empatia umana e dei processi di apprendimento evoluti. Ogni volta, l’intuizione è arrivata mentre gli scienziati indagavano su qualcos’altro con passione, intelligenza e persistenza.

Dunque, la serendipità non è da considerare una qualità miracolosa ma un’attitudine positiva verso il cambiamento caratterizzata da un atteggiamento esplorativo e aperto nei confronti di tutto quello che accade dentro e fuori di noi. La serendipità spiega perché alcuni individui riescono a trasformare in risorse difficoltà che per altri si strutturano in condizioni negative, stagnanti e apparentemente irrisolvibili. Attraverso la fiducia, la determinazione, la creatività e la resilienza psicologica possiamo creare le condizioni necessarie e sufficienti per “scoprire” opzioni e possibilità già presenti e disponibili nella mente e nel mondo che altrimenti non sapremmo riconoscere neppure se ci inciampassimo sopra.

In psicoterapia, la serendipità si rivela alla persona con un alone quasi magico: da un certo punto in poi sperimenta con sorpresa l’esperienza del viandante smarrito nel deserto che scopre un’oasi rigogliosa lungo un cammino a tratti scoraggiante e all’apparenza tortuoso. Ma, sempre, il cambiamento del mondo non è altro che il cambiamento della persona che lo osserva, che interagisce con le difficoltà all’interno di un nuovo quadro di riferimento e che si muove su una mappa inedita di quel mondo.

Per spiegare la psicoterapia è facile usare la metafora del viaggio, infatti non a caso si parla di “percorsi” di psicoterapia. Come i principi di Serendipo, psicoterapeuta e paziente si inoltrano in un’avventura unica e irripetibile caratterizzata sin dall’inizio dall’incertezza e dalla indecidibilità del viaggio. E, come nella fiaba persiana, si sfugge insieme e per davvero dalla perdita di libertà o dalla morte per andare incontro a una vita diversa e migliore.

Per Al Siebert, l’autore americano de “Il vantaggio della Resilienza” (2009), la serendipità è un potente antidoto contro il dolore, la disperazione e il vittimismo, una capacità della mente che può essere acquisita e accresciuta grazie all’utilizzo consapevole dei meccanismi che regolano e orientano la nostra attenzione.
Quando sensazioni e pensieri negativi, conflitti e traumi intrappolano la nostra mente, la serendipità diventa impossibile. E, a volte, diventiamo esperti del nostro deserto, arriviamo a conoscerne la meteorologia aspra e arida, la profondità e l’estensione disperata delle sue sabbie; arriviamo a volere contare, granello per granello i minerali che lo compongono e indugiamo troppo a lungo nella sconsolante analisi geologica della sua formazione, senza mai guardare né sperare di raggiungere quelle oasi che si paleserebbero ai nostri occhi se solo provassimo a considerarne l’esistenza.

Enrico Maria Secci
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