
Creatività contro ansia, depressione e panico. Mai più prigionieri della “logica”
La creatività può essere definita come una qualità della mente che permette di organizzare le informazioni in modo originale e contro-intuitivo per pervenire a idee e soluzioni innovative. Siamo abituati ad associare la creatività all’arte, in particolare alle arti figurative e alla musica, ambiti dove il potenziale creativo umano si esprime con immediatezza e spettacolarità.
Ma la mente creativa è qualcosa di più generale e, allo stesso tempo, di più sottile in quanto influisce ogni giorno sulla capacità di risolvere problemi, di interagire con gli altri e col mondo, di trovare alternative valide ogni volta che il solo pensiero logico si dimostra insufficiente o inefficace nell’affrontare cambiamenti, situazioni critiche e circostanze inusuali.
L’utilizzo delle categorie binarie e il ricorso all’ordine apparente della razionalità mal si concilia con l’esperienza umana, che è multiforme e complessa. La logica ci è d’aiuto nel ridurre la complessità. Svolge la vitale funzione di semplificare la percezione di una realtà troppo articolata, di filtrare l’ universo di sfumature e di stimoli in cui viviamo per costruire una mappa di base del mondo circostante.
Tuttavia, l’efficienza e la precisione del sistema di significati basato sull’analisi logica dell’esperienza umana fallisce se usato in modo rigido e tendenzialmente esclusivo.
Prigionieri della logica. Quando la mente si ancora ad un punto di vista rigido, caratterizzato dalla scissione dell’esperienza in aspetti “positivi” o “negativi”, “giusti” o “sbagliati” e stabilisce criteri diadici per elaborare fatti e relazioni, l’esito è un impoverimento della capacità di problem-solving, con una progressiva sensazione di intrappolamento psicologico.
Dove manca la creatività, dove la mente si inscatola nell’ordine apparente del pensiero logico, regnano la tristezza, l’ansia, la rabbia, la solitudine e l’angoscia. Infatti, il blocco della fantasia e dell’intuizione, l’inibizione emotiva, l’eccesso di teorizzazioni e razionalizzazioni sono osservabili nella gran parte delle psicopatologie.
Nella depressione, il mondo si riduce al bianco e nero. Le persone che ne soffrono sembrano incapaci di guardare oltre le palizzate delle convinzioni e delle conclusioni “logiche” tratte dal proprio doloro vissuto e generalizzate all’intero campo di possibilità presenti in sé e tra se stesse gli altri.
Allo stesso modo, nelle fobie, nell’ansia e negli attacchi di panico è osservabile un crollo della creatività. Il pensiero appare monolitico, l’inventiva paralizzata e le risorse ancora integre dell’individuo sembrano a lui stesso precluse, esiliate nel lontano passato in cui si sentiva “normale”, “libero”, “vitale”.
Psicoterapia e creatività. L’attenzione crescente della psicologia e della psicoterapia per gli strumenti per promuovere e incrementare la creatività è il frutto di osservazioni cliniche e di studi sperimentali: la stimolazione ad assumere nuovi punti di vista, l’utilizzo di tecniche immaginative, del gioco, della metafora e del racconto in un contesto relazione accogliente e positivo possono produrre effetti terapeutici rapidi e apparentemente magici nell’ampia e variegata gamma dei problemi umani.
Usualmente, si attribuisce la funzione logica e verbale all’emisfero sinistro del cervello e la funzione creativa immaginativa all’emisfero destro. Fattori ambientali e socio-culturali possono favorire la dominanza del “cervello sinistro” a scapito del “cervello destro”.
Basti pensare a quanto poco spazio i programmi scolastici riservino all’espressione artistica e allo sviluppo della creatività dall’infanzia sino all’età adulta. O al fatto che l’aggettivo “creativo” sia facilmente associato a “strano” ed “eccentrico”.
Ma anche questa visione dei “due cervelli” in contrapposizione viene dalla tendenza a scindere e polarizzare la complessità, e restituisce una visione iper-semplificata dei processi mentali.
Sempre di più, emerge che la creatività è una proprietà emergente dall’integrazione tra gli emisferi e, anche, tra la corteccia cerebrale e le strutture sotto-corticali. Insomma, non è appannaggio esclusivo di una parte del cervello (l’emisfero destro), ma la qualità emergente di un processo integrato e multi-dimensionale.
Creatività, mente, mondo. Più di tutto, la creatività sembra scaturire dalla relazione tra l’individuo, gli altri e il mondo e dipende dalla qualità e dalla fluidità con cui queste relazioni iniziano e si sviluppano in un contesto dato.
Per questo, l’intervento psicologico sui sistemi umani – individuo, coppia, gruppo, famiglia , azienda-, e la psicoterapia non possono prescindere dall’utilizzo della creatività e incentrarsi innanzitutto sul favorire la costruzione di nuovi significati e soluzioni sconosciute alla logica ordinaria nell’ambito delle difficoltà trattate.
Le scoperte della neurobiologia interpersonale e delle neuroscienze, che evidenziano un incremento delle connessioni cerebrali nei pazienti in psicoterapia, stanno validando metodi e strategie terapeutiche in passato considerate bizzarre, come il ricorso agli aneddoti, agli aforismi, al disegno, alla recitazione, alla musica, l’utilizzo di “fantasie guidate” e via dicendo.
La creatività e le sue dinamiche, un tempo banalizzate dalla scienza, parcellizzate come abilità innate e trattate come l’estro di pochi – come fossero poteri soprannaturali-, vanno ripensate in quanto possibilità universali, inscritte nel potenziale di ogni persona e, entro i confini della soggettività, considerate incredibili giacimenti per alimentare l’equilibrio e la salute mentale per tutti.
Enrico Maria Secci
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