La noia, il grigio nell’arcobaleno delle emozioni

26 Agosto 2019 0 Di Enrico Maria Secci

La noia è un’emozione caratterizzata da un senso di vuoto e di inutilità spesso associato all’immobilità e alla procrastinazione. Se fosse un colore, la noia sarebbe il grigio. L’annoiato sperimenta uno stato di sospensione psicologica che limita la sua percezione di se stesso, degli altri e del mondo a un vissuto di insoddisfazione permanente. Ai suoi occhi, le cose, le persone e il tempo si avvicendano prive di senso e si velano di tristezza.

Le altre emozioni orbitano intorno alla noia come attutite, ferme, senza spinta vitale. L’idea centrale dell’annoiato é il “non aver nulla da fare” e, allo stesso tempo, la pesante certezza che fare qualcosa sarà troppo faticoso e per altro troppo deludente per giustificare lo sforzo di attivarsi in una qualche direzione.

Un’emozione-sentinella. Il sentimento di noia emerge probabilmente quando il contesto di vita e le relazioni di una persona smettono di rispondere ai suoi bisogni emotivi e ripetono rigidamente routines che, in precedenza, risultavano invece soddisfacenti. In questo senso, la noia può essere considerata un’emozione-sentinella che ci allerta sulla necessità di operare un cambiamento nelle modalità con cui ci rapportiamo alle cose. Ma non sempre l’annoiato coglie questo importante allarme psicologico e tende a riempire l’inquietudine rifugiandosi nella ripetitività del quotidiano e utilizzando di continuo fonti di gratificazione esterna: tv, social-network, videogiochi, cibo, sigarette, alcol, hashish sostanze in genere. E facilmente, ciò che serviva ad alleviare la frustrazione, aggraverà la noia e richiederà dosi compulsive delle stesse “distrazioni”, sino alla paralisi emotiva della dipendenza.

La “noia” in psicoterapia. Non a caso, la noia é un tema ricorrente in psicoterapia e, in certi casi, si palesa una volta che sintomi fobici, ipocondriaci, depressivi, disordini alimentari o dipendenze si alleviano significativamente o scompaiono. Può accadere che, interrotta la catena della psicopatologia, la persona “scopra” di non sapere che fare di se stessa una volta dismesso “l’abito del paziente” e debba così fronteggiare per un periodo una sensazione di inadeguatezza e di vuoto molto vicino alla “noia originaria”. La grigia inquietudine che segue all’entusiasmo per la riduzione o l’annullamento della sofferenza psicologica necessita sempre di una riflessione mirata alla rottura di schemi di interazioni precedenti al problema: scarsa autostima, sottomissione a modelli familiari rigidi e intransigenti, timore di fallire e di restare da soli.

Noia e solitudine. Personalmente, collego la noia al terrore di restare da soli. L’annoiato si uniforma a un ambito psicologico e relazionale non proprio, a persone e situazioni che, anche solo indirettamente, stridono con la sua natura, pur di evitare la solitudine e l’isolamento, nella convinzione che ogni tentativo di espressione di sé nella famiglia, nella coppia o nella società di riferimento lo renderebbe alieno, diverso e abbandonato. Voglio dire che ci si annoia pur di non sfidare e modificare attivamente convinzioni prese dall’esterno, dunque non nostre, ma di madri e di padri, di amici, di conoscenti coerenti con valori che non ci appartengono; voglio dire che ci si annoia quando non si presta attenzione ai propri bisogni emotivi ma si soggiace alla loro costante frustrazione e si evita di rompere quegli schemi che ci soverchiano e ci ammalano mentre ci fanno compagnia.

Cambiare. Prima di combattere la noia occorre comprenderla e comprendersi. Cosa si fa mentre ci si intrattiene con la noia? In che modo cerchiano di placarla? Chi o cosa, aggrava o allevia questo sentimento impreciso e fluttuante? E chi o cosa, potrebbe produrre una variazione, anche lieve, nel piano grigio e continuo della noia?

Cambiare. Cambiare é la parola-chiave. Intraprendere un’attività sportiva, cambiare deliberatamente il percorso che ci reca a lavoro, variare l’alimentazione, modificare, partendo dalle abitudini più semplici, il ciclo annoiato della giornata-tipo. Ma, soprattutto, può essere d’aiuto sperimentare un ascolto più autentico e più empatico di se stessi e riscoprire, avvalorandolo, il bisogno di libertà che, per alterne vicende, abbiamo soppresso tra le pieghe della routine familiare, degli amici o della coppia, illudendoci così di sentirci meno soli.

Enrico Maria Secci, Blog Therapy