“C’era una volta uno psicoterapeuta …” La realtà della professione, quella vera.

4 Giugno 2019 0 Di Enrico Maria Secci

“C’era una volta uno psicoterapeuta che si alzava con gran calma al mattino e che, dopo essersi preparato per la giornata, si dedicava al suo blog, alla sua pagina facebook e al suo profilo su twitter.

Nel suo studio immerso in un’atmosfera rarefatta e atemporale, le giornate trascorrevano leggere come piume e le persone si succedevano una dopo l’altra senza stanchezza, ognuna guarita all’istante dalle parole dello psicologo.

Ormai avvezzo alla potenza della propria magia, la sera, davanti a una tazza di the profumata e lieta come la sua incrollabile abnegazione verso il prossimo, lo psicoterapeuta trascorreva lunghe ore a rispondere a decine di email, a interloquire sui social network su problemi appena accennati, domande sui suoi articoli e sui suoi libri, sempre con flemmatica e determinante vitalità. E, essendo un individuo soprannaturale, riusciva ad aiutare la gente anche su whatsApp, a qualunque ora del giorno e della notte.

Naturalmente, gli capitava di ricevere richieste urgentissime e, talvolta, commenti sgraditi. Ma, siccome era un terapeuta da fiaba, non si sognava di dire “Non posso aiutarla in questo momento” o di replicare a tono e, men che mai, di non rispondere affatto.

Poi, un bel giorno si svegliò e si accorse che era ora di andare a lavorare per davvero. Guardò l’agenda stipata di impegni, di appuntamenti da rispettare, di lezioni da tenere, di libri da finire. Pensò alla settimana futura e alle persone che con lui avrebbero lavorato duramente in studio e, guardando l’Ipad pieno di email, commenti, e delle richieste più disparate, considerò le priorità. Scrisse: “Non posso aiutarla in questo momento” e rispose a tono, o non rispose affatto alle richieste più pressanti e inopportune.

Si guardò allo specchio nell’attimo in cui una persona vera suonò per la prima seduta della giornata, si sorrise, pensò alla bellezza del suo lavoro, per quanto fosse duro e certe volte schiacciante; pensò alla bellezza di quell’incontro e a quanto avrebbe fatto per aiutare quella persona e tutte le altre;  e pensò al suo amore e al dolce ritorno a casa la sera, … e cominciò la sua vera storia di psicoterapeuta.”

Ricevo continue richieste di consulenza online, talvolta davvero pressanti. Alcune mi fanno riflettere, perché presuppongono l’idea distorta che uno psicoterapeuta sia una specie di buontempone che indugia in lunghi e appassionati scambi su internet o un santone che dispensa email chiarificatrici, non avendo altro da fare.

A tratti, qualcuno scambia il mezzo per la modalità e si comporta come se lo psicologo che offre gratuitamente informazioni su Internet attraverso blog o facebook dovesse, per estensione, diventare una specie di consigliere gratuito a distanza o un qualunque amico di social network. Mi rendo però conto che ciò dipende dalla rappresentazione sociale, ancora molto imprecisa, della professionalità dello psicoterapeuta. Infatti, se si dà per scontato che un medico di qualunque specialità sia molto impegnato, non vale lo stesso per gli psicologi e per gli psicoterapeuti, misteriosamente consegnati nell’immaginario collettivo all’inoccupazione e al precariato, o comunque gratuitamente protesi alla consulenza last-minute.

In parte, questa distorsione è responsabilità degli stessi psicologi che, più che in altre specializzazioni sanitarie, si deprezzano con “colloqui gratuiti” e sconti da outlet ma, bisogna che qualcuno lo dica, un professionista non fa sconti da grandi occasioni (fanno eccezione le campagne nazionali promosse dall’Ordine degli Psicologici), non ammicca online, non ha risposte da cook-book da offrire sulla bacheca di face book o sulla messaggistica privata.

Personalmente, lavoro a tempo pieno in studio, seguo decine di persone a settimana a cui dedico totale attenzione e massimo impegno e, come sa chi segue il blog, da anni l’accesso alle terapie nel mio studio è regolato da liste di prenotazione. Inoltre, tengo vivo il mio impegno editoriale e didattico, oltre al tempo dedicato allo studio e all’aggiornamento professionale. E poi, dato che ho bisogno di un equilibrio emotivo, ho una vita privata.

Così, anche se faccio del mio meglio per aggiornare i miei siti e i profili social, come essere umano non posso far fronte alle richieste e, in alcuni casi, alle pretese di consulenza che mi arrivano dalla Rete. In tutto questo, intendo affermare una cosa semplice: lo psicoterapeuta non è una macchina, e tanto meno è una “macchina della verità”, una slot-machine da avviare con un messaggio o un confessore a ore, più o meno virtuale.

Quello che trovate qui o su facebook è quello che posso e sento di fare per stimolare la riflessione su temi psicologici e per divulgare argomenti di psicoterapia. In nessun modo i miei contenuti, così come la lettura di forum o libri possono sostituire l’esperienza di una psicoterapia vera e in vivo.